Giocare a poker in ciascuno dei 50 Stati d'America: l'odissea americana di Ashley Adams diventerà presto un romanzo!



Correva l'anno 1973 quando il romanzo del francese Jules Verne, "Il giro del mondo in 80 giorni", vide la luce per la prima volta. A distanza di quasi un secolo e mezzo lo statunitense Ashley Adams ha provato a trasporre le avventure di Phileas Fogg in chiave pokeristica, limitandosi però a rimanere entro i confini americani e senza un preciso vincolo temporale.
Risultato? In oltre vent'anni di attività come giocatore è riuscito a partecipare ad un torneo live in ognuno dei 50 Stati d'America. Il traguardo è stato tagliato la scorsa settimana presso il Wildhorse Resort & Casino di Pendleton, nell'Oregon, dove il protagonista si è iscritto ad un piccolo torneo No-Limit Hold'em.

Adams
è salito agli onori delle cronache per la sua attività da giornalista più che per i risultati ottenuti nel suo, e nostro, amato giochino. Scrive di poker dal 2000 e oltre alle centiania di articoli prodotti ha scritto anche due libri di discreto successo nel settore: "Winning 7-Card Stud" edito da Kensington nel 2003 e "Winning No-Limit Hold'em" pubblicato nel 2012 da Lighthouse.
"Nei primi anni ai tavoli ho perso qualche soldo giocando Stud nel giro di un anno e mezzo – ha raccontato Ashley in una recente intervista – poi ho elaborato una buona strategia di base che risultava vincente contro i tipici amatori che si incontrano nei casinò e ho invertito la tendenza."
Grazie al suo lavoro presso l'American Federation of Television and Radio Artist – nota attualmente con l'acronimo di SAG-AFTRA – ha avuto la possibiltà di viaggiare tantissimo sia entro i confini nazionali che in paesi stranieri, un fattore che gli ha permesso di giocare in ogni angolo d'America: "In qualsiasi posto mi recassi, era mio dovere trovare una partita...attualmente non so bene se considerare il poker un secondo lavoro o un "serissimo" hobby".
Nel 2005 Adams realizza di aver giocato in almeno 25 dei 50 Stati americani, ed è proprio in questo momento che si accende la scintilla: dopo essersi annotato con esattezza le tappe già compiute, decide di chiudere il cerchio promettendosi di trovare almeno una partita negli stati restanti. Un'impresa non da poco se si considera che per questioni legali in alcuni di essi vigevano delle forti limitazioni per quanto concerne il gioco.
Nonostante ciò, grazie alla buona rete di conoscenze e al suo innato "intuito" riesce ad raggiungere l'obbiettivo prefissato: "E' incredibile come il poker possa livellare qualsiasi tipo di differenza socio-culturale quando si è al tavolo – racconta Adams – Una volta, ad esempio, mi sono trovato nel North Dakota a parlare di politica locale o delle attività del proprietario di una fattoria nei paraggi con una disinvoltura sorprendente!"
Rispetto al passato però, per via della grande diffusione che il gioco ha avuto negli ultimi anni, a suo parere le varie poker-room hanno perso quel fattore di unicità che le contraddistingueva: "Oggigiorno il focus principale è il poker stesso, tutto è più omogeneo e quasi non fa più differenza giocare una partita in California o nell'Ontario."

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