
La scorsa volta abbiamo accennato al concetto di 'balancing', ovvero il bilanciamento delle porzioni forti con quelle deboli del nostro range.
Questo tipo di adattamento va effettuato soltanto a fronte di una history ben precisa e risulterà quindi inutile nelle fasi di costruzione del range. Non c'è ragione infatti di bilanciare il range contro player mai incontrati prima, in quanto questi non potranno basarsi su alcuna history precedente e ogni nostro adattamento risulterà inevatibilmente un 'overthinking', ovvero un accorgimento non necessario per far fronte ad uno scenario presente solo nella nostra immaginazione.
Quel che proveremo a fare quest'oggi è capire in che modo procedere alla creazione di un range che possa adattarsi al field al quale giochiamo. Il principio che andremo ad utilizzare e quello di consequenzialità: ad ogni azione corrisponde un certo numero di reazioni da parte degli avversari. Prevedere queste reazioni e avere chiaro in mente come comportarci sarà un elemento importante per il nostro scopo. Infatti i range devono essere adattati al nostro tipo di gioco postflop, perciò sarà inutile, ad esempio, aggredire da late-position se non si è disposti a puntare in bluff su determinate texture del board, e via dicendo.
Fase 1: analizzare il proprio gioco.
In prima istanza quindi, occorre avere consapevolezza del tipo di gioco espresso. L'unico parametro che prenderemo in considerazione sarà il cosiddetto 'VPIP' – volountary put money in the pot – ovvero il numero percentuale di mani alle quali prendiamo parte in una partita. Un giocatore tight giocherà indicativamente un numero compreso tra il 6 % e il 18 % delle mani totali, mentre un giocatore loose potrebbe arrivare a superare il 30% senza problemi. In base a questa propensione andremo ora a selezionare il ventaglio di mani ideale da giocare in ogni situazione di gioco.
Fase 2: Individuare i passaggi chiave
Avere spazio di manovra in una mano è un lusso che non sempre possiamo permetterci. Per pianificare una giocata su tre strade occorre avere uno stack sufficiente a non finire pot committed alla prima o seconda bet, il che a volte è semplicemente impossibile. Dovremo quindi avere chiare in testa le soglie oltre le quali decideremo di andare direttamente all-in o rilanceremo per andare ai resti al flop e così via. In linea di massima la zona 'push or fold' si attesta sotto i 10 big blind, mentre dai 10 ai 20 big blind sarà possibile raise-foldare o raise-callare senza dover necessariamente andare all-in preflop.
Fase 3: dividere per posizioni
All'approssimarsi del bottone i range di apertura andranno inevitabilmente aperti, in quanto ci si presenterà l'occasione di effettuare un blind-steal, che in alcune situazioni di gioco può essere fondamentale per la sopravvivenza. Andremo perciò a suddividere le posizioni in early position (UTG, UTG+1 e UTG+2 solo nei tavoli da 10 persone), middle position (MP MP+1), late position (HiJack, Cut-off), bottone, small blind e big blind. Di conseguenza, per ogni fascia di blind avremo sei range differenti: coi primi quattro attaccheremo i blind avversari e coi secondi andremo a difesa dei nostri.
Fase 4: identificare il field
Capire chi ci troviamo davanti è essenziale per una corretta costruzione dei range. Nei tornei di buy-in basso sarà più probabile scontrarsi contro player che non hanno tanta esperienza ai tavoli, i quali giocheranno un numero decisamente più elevato di mani rispetto alla media, anche se non necessariamente. Gli errori più comuni tra gli amatori, oltre ad un 'VPIP' eccessivo (numero di volte in cui mettono dei soldi nel piatto), vengono commessi nella fase postflop, un argomento che non tratteremo in questa sezione. Ad ogni modo in questi tornei sarà più probabile trovarsi di fronte a qualcuno che vorrà vedersi a tutti i costi il flop rispetto ai tornei dal buy-in più elevato, sebbene questa non possa essere considerata una regola fissa.
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