Quella volta che i Lakers si interessarono a Doyle Brunson.



Quante volte ci è capitato di immaginare alcuni posti degli Stati Uniti come vere e proprie fucine di campioni di qualsivoglia disciplina sportiva, seppur, quei posti stessi, non vengano esattamente considerati come l’ombelico del mondo. 
Uno degli stati americani più conosciuti e che certamente rientrano nella categoria di cui sopra, è il Texas, un territorio dominato prevalentemente da sconfinate lande suddivise in altrettanto sconfinate praterie all’interno delle quali nascono, crescono, si formano, atleti di qualità tecniche e capacità fisiche fuori dal comune. 
 
In una di queste sconfinate fattorie (i texani stessi si rifiutano di riconoscere come “cittadina”, Longworth), vedeva la luce il 10 agosto del 1933, il giocatore di poker più conosciuto al mondo, Doyle Brunson
Lui stesso racconta i suoi primi anni sul suo sito ufficiale, www.doylebrunson.com
 
“Sono cresciuto all’interno di una comunità agricola che non raggiungeva il numero di 100 persone; tutti avevano il proprio pezzo di terreno, più o meno grande e tutti avevano il loro compito preciso, siamo cresciuti con la cultura del lavoro, faticoso, certo, ma anche se i soldi non erano tantissimi e la depressione rese povere centinaia di migliaia di famiglie americane, eravamo felici”.
 
Lo spirito sportivo di Doyle si sviluppò anche e soprattutto grazie all’occupazione del padre che, oltre al lavoro nei campi, si dedicava anima e corpo alla palestra comunale e il figlio, che aveva obiettivi importanti nella vita, ne approfittò. 
 
“Andavo in palestra praticamente tutti i giorni, amavo il basket e sapevo che l’unico modo per allontanarmi da Longworth sarebbe stato quello di conseguire una borsa studentesca facente capo alla pallacanestro. 
Al liceo di Sweetwater ho partecipato alla selezione All-State di basket  e vinsi il Campionato studentesco del Texas nella corsa sul miglio, risultati che mi valsero un centinaio di offerte da tutto il Paese per andare al College.”
 
A questo punto Doyle fu chiamato a fare la scelta più importante della sua vita, quale università scegliere?
 
“Decisi di andare alla Hardin-Simmons University di Abilene perché molti dei miei amici più cari fecero quella scelta e soprattutto distava solo una quarantina di miglia dalla città in cui sono nato.
Dopo il primo anno continuai a correre la distanza del miglio con risultati molto soddisfacenti e nel basket fui nominato MVP, -Most Valuable Player- della mia Conference, titolo che mi valse l’interessamento da parte dei Minneapolis Laker (gli attuali Los Angeles Lakers), per essere una delle scelte nella NBA.
 
Purtroppo proprio in quel periodo mi ruppi il ginocchio in più parti, l’infortunio peggiorò con l’andare del tempo e questo è il motivo per cui ancora adesso uso la stampella. 
 
In quel momento capii che tutte le mie speranze di diventare un atleta professionista si spezzarono e cominciai a cercare qualcosa che placasse la mia sete di competizione.”
 
Oggi sapete tutti cosa trovò…
 

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