Nemmeno dieci giorni che cambiano la vita, non solo la carriera.
Il Main Event delle WSOP lo ha vinto Scott Blumstein, 25enne americano che fino a due settimane fa era uno dei tanti grinder a stelle e strisce, che alternano live e online per vivere, senza necessariamente le luci della ribalta.
Nonostante l'incredibile successo, il ragazzo, almeno per il momento, non si è montato la testa e sa bene quanto sia importante mantenere i piedi per terra.
“Io so esattamente quanto valgo – ha dichiarato Scott – so esattamente che due settimane fa non ero altro che un grinder del New Jersey. In realtà non è cambiato niente...”.
E' stato incalzato dai giornalisti in loco sulla possibilità di giocare eventi high roller, ma questo non pare essere uno dei suoi obiettivi primari: “l'ego non deve avere alcun ruolo nel poker”.
Difficile dunque che vada a schiantarsi in tornei frequentati quasi esclusivamente dai professionisti più preparati del mondo, ben abituati a determinati field.
Blumstein sa bene di aver cavalcato nel migliore dei modi quell'onda perfetta che capita una volta nella vita, perché dopotutto si tratta solamente di un torneo di poker, seppur il più importante del pianeta.
“Ci vogliono varianza e fortuna, e devi giocare al massimo delle tue capacità. Nel mio caso ci sono stati questi tre fattori”.
La struttura unica del Main Event, poi, gli ha permesso di mettere la giusta pressione agli avversari grazie a uno stack sempre di tutto rispetto.
“Sono stato fortunato a poter contare su uno stack grande per tutto il torneo. Il Main Event ti dà la possibilità di essere sempre deep e ciò mi ha permesso di mettere pressione ai miei avversari, aumentando così le mie chance di vittoria”.
Ha speso qualche parola anche sullo showdown finale, con un river clamoroso che ha cambiato per sempre la sua esistenza.
“Quel river era la miglior carta che potessi chiedere – ha commentato il neo campione del mondo – Un 2 che solitamente non ha alcun valore, ha cambiato per sempre la mia vita...”.