La tendenza dei players che hanno iniziato a giocare i tornei di poker da pochissimo tempo, è quella di dare, come è giusto che sia, una importanza fin troppo marcata al valore delle proprie mani, tanto da sottostimare tutte le altre peculiarità che dovrebbero invece avere una valenza fondamentale.
Questo modus operandi si allarga a dismisura in due momenti particolari dei nostri tornei: la zona bolla e i periodi in cui il nostro stack è davvero risicato.
Nel primo caso l’avvicinarsi alla conquista della “bandierina” può causare una sorta di appagamento che in qualche occasione è deleterio.
Sarebbe proprio il caso, in quei momenti, di mettere pressione ai nostri avversari, anche e soprattutto perché è ormai riconosciuto da tutti i professionisti che uno stack interessante per affrontare la parte finale del torneo, si costruisce proprio poco prima dello scoppio della bolla.
In questi casi, a prescindere dall’aggressività dei nostri avversari, sono attaccabili gli short stack che saranno poco disposti a giocarsi lo stack a pochi passi dai premi, per cui aprire da late position anche con mani marginali, è sempre una scelta consigliabile.
Diverso è invece il discorso nel momento in cui rovesciamo la medaglia.
Quando siamo in possesso di uno stack non proprio elevato, non per forza in zona bolla, sarebbe una cosa davvero importante capire su quali giocatori possiamo mandare i nostri 10/15 big blind e la risposta qui sta spesso nella consistenza dello stack dei nostri oppo.
Giocare il nostro all in sui giocatori con uno stack medio (dai 20 ai 35 BB) è probabilmente la scelta più consigliabile, soprattutto perché non saremo mai, o quasi mai, chiamati da chi possiede una mano di medio valore: lo stack medio ha sempre la necessità di rimanere tranquillo e non rischiare di rimanere short a sua volta.
Da evitare come la peste gli “shove” sui monster stack e sugli short disperati, portati entrambi a chiamare la nostra mano con un range molto ampio.
