Ci sono cose che voi umani…
Un po’ come accadeva in ‘Fight Club’, tutto ciò che accade al suo interno rimane al suo interno. A Macao, in alcune partite high stakes vige la stessa regola: nessuno sa nulla di quanti soldi, quante e quali partite vengono disputate. Di certo si sa che l’action a certi livelli è davvero frenetica, e non solo per la presenza di varianti come il poker texano a 36 carte ma per la presenza dei gambler cinesi che proprio non riescono a frenare la loro voglia di eccedere in qualsiasi cosa, poker compreso.
Dopo diversi anni di action senza barriere Richard Yong, l’ideatore del circuito Triton Series, comincia a svelare alcuni retroscena di quanto accaduto nella nuova Sin City negli ultimi anni:
“Conosco benissimo tutti i top professionisti che affollano Macao, da Phil Ivey, a Junglemann a Tom Dwan. Ci ho giocato per tantissimo tempo perdendo altrettanti soldi contro di loro. Quando tutto ebbe inizio, circa otto-nove anni fa, tra noi businessman non ce n’era uno che conoscesse il Texas Hold’em. Giocavamo tutti ad altri giochi anche se ci piaceva da impazzire e inizialmente eravamo noi i veri polli da spennare.”
Questa ammissione a cuor leggero in realtà porta in una direzione che voi lettori non immaginereste così facilmente: “Oh, sì, abbiamo perso vagonate di soldi, specie contro Tom Dwan. Tuttavia i soldi non ci mancavano e avevamo voglia di confrontarsi coi migliori, perché è da loro che si impara. Insomma, i soldi più che persi sono stati investiti, in qualcosa di molto simile a un coaching carissimo, ma aspettate a giudicarci…”
E infatti ecco il clamoroso retroscena: “Le cifre in ballo erano altissime, ma nulla a confronto con quelle che noi ‘fish’ abbiamo avuto modo di giocare contro businessman più facoltosi in altre partite private alle quali i pro non avevano accesso. E vi posso garantire che in quelle partite abbiamo ampiamente recuperato tutti i soldi persi coi pro!”
Siamo ancora sicuri quindi che i ‘fish’ di Macao siano veramente così sprovveduti? Stando al racconto di Richard Yong sembrerebbe proprio il contrario!