Ora è uno dei giocatori più forti e vincenti del panorama high stakes, ma Jason Koon ha tutt'altro che dimenticato le sue umili origini, che potevano portarlo sulla cattiva strada.
Il 33enne americano ha parlato in una recente intervista di come sia cresciuto, tra mille difficoltà, in una piccola cittadina della Virginia, Weston.
E' stato cresciuto per oltre 10 anni dal patrigno, però non ha mai raccontato cosa sia accaduto col padre biologico.
“Da bambino il mio patrigno si prendeva cura di me, ricordo bene che si spaccava la schiena con lavori occasionali per guadagnare 400 dollari a settimana. E' un grande successo essere arrivato dove sono ora sapendo da dove sono partito...”.
In età adolescenziale era un “regular” delle risse in strada, insomma non si tirava indietro se veniva provocato. Era una vera e propria testa calda, anche se nel contesto in cui è cresciuto tutto ciò era abbastanza normale.
Il suo passato, comunque, gli ha permesso e gli permette tutt'ora di dare grande importanza al denaro.
“Diversi anni fa, quando mi sedetti in una partita al Bellagio, capii quanta strada avessi fatto. La partita era 200/400 dollari, quando postai le quattro chips per il big blind mi resi conto di quanto lavorasse sodo il mio patrigno per mettersi in tasca quella cifra. Mi venne da piangere pensando a quanto fossi riuscito a cambiare la mia situazione”.
Nonostante i soldi fatti grazie al poker, Koon è ben conscio di come questi non garantiscano automaticamente la felicità, che va ricercata altrove.
“La mia idea di felicità non è cambiata rispetto a quando ero un bambino povero. Ora ho i comfort e la sicurezza, è fantastico, ma avere più soldi non significa necessariamente ciò che la società ti vuol far credere”.
Nel suo lavoro è spesso accompagnato dalla futura moglie Bianca, che lo aiuta a mantenere un ideale equilibrio tra poker e vita reale. Sa bene che probabilmente lo stile di vita “sregolato” del poker player potrà farlo ancora solo per qualche anno, e non all'infinito.
“Io e Bianca facciamo una camminata ogni sera e parliamo molto del futuro. Entrambi siamo d'accordo che per i prossimi due anni dovrò ottenere il massimo dal poker e quindi vivremo di jet-lag, swing micidiali e tornei da giocare in ogni parte del mondo. Ma questo stile di vita voglio farlo ora perché ho le energie per farlo, non quando avremo dei figli”.
Jason ha spiegato che essere un professionista high stakes è qualcosa di estremamente impegnativo, a causa dell'alta competitività e della voglia che hanno gli altri di prendere il tuo posto. In Montenegro ha fatto cinque giorni di poker no-stop e alla fine del torneo, che ha vinto, stava per collassare.