Tom Dwan è uno di quei giocatori che hanno sempre lasciato il segno, fin da quando il suo nome ha iniziato a circolare con una certa frequenza negli ambiti del poker, sia online che live.
E in una recente intervista rilasciata al noto giornalista Lee Davy, ha voluto parlare della sua vita dedicata al gioco e non solo, con tante sfumature che lo hanno accompagnato per oltre un decennio ai tavoli ma anche lontano da essi.
Una vita che lo stava portando ad andare lontano nel college. Salvo poi scoprire il meraviglioso mondo del poker online, in cui Durrr ha iniziato a brillare fin da subito. Da lì un certo contrasto tra il mondo dell’istruzione, con tanto di iscrizione all’università in Massachussetts, e il fatto di portare avanti un hobby che, giorno dopo giorno, lo portava a guadagnare cifre esorbitanti che lo tenevano lontano dalla ricerca di un lavoro.
Tutti elementi emersi durante l’intervista di cui abbiamo appena accennato. Siamo a margine di un evento targato Triton Series, uno dei circuiti high stakes in cui Tom Dwan è ormai un cliente fisso. E dalle sue parole evince la grande soddisfazione – oltre a un certo grado di sorpresa – ripensando ai tempi in cui il poker iniziò a essere anche qualcosa in più di una semplice passione.
“Ricordo che al mio anno da senior al college caricai 50 dollari sul mio conto online – esordisce Dwan - . Alla fine dell’estate ricordo di aver vinto 10 o 15mila dollari. Ricordo che mia madre mi ricordava sempre di trovarmi un lavoro e io pensavo ‘guarda cosa ho combinato giocando 50 dollari’. Ho iniziato a frequentare la Boston University. Un sacco di cose mi sono piaciute, ma non mi è mai piaciuto svolgere gli esami. Nel frattempo continuavo a vincere, ero arrivato a 80mila dollari. Giocavo sempre di più, sempre investendo quantità non enormi, così ho deciso di seguire questo stile di vita, mettendo da parte l’università”.
Dunque l’addio agli studi e l’inizio di una carriera ai tavoli di tutto il mondo, online ma anche live, sarebbe stato il destino che Tom Dwan ha iniziato a rincorrere. Magari anche commettendo qualche errore e affidandosi a persone che di fatto non lo hanno aiutato, ma sempre alla ricerca di se stesso e soprattutto seguendo il proprio istinto, proprio a costo di sbagliare per capire i propri limiti.
Come lui stesso confessa: “Non mi sono mai pentito di aver commesso errori, ne ho commesso tanti, piuttosto mi pento quando non faccio dei tentativi. Devo provare a fare qualcosa finchè non arrivo a sbagliare per capire i miei errori. Ho sempre cercato di essere schietto, la gente deve capire che in qualsiasi momento rischia di perdersi qualcosa sul suo interlocutore. Ho sempre cercato di farmi una mia opinione, così come in altri eventi importanti della mia vita”.
E anche il caso di Full Tilt e del purtroppo noto Black Friday ha lasciato il segno in Durrr, il quale ha comunque fatto capire di sentirsi a posto con la coscienza, in quanto ha sempre fatto ciò che ha pensato fosse opportuno, limitando anche i danni: “È chiaro che in quel periodo avevamo tanta pressione addosso, ma sono contento di come ho gestito la cosa. Ho fatto il meglio che potessi fare, sono stati commessi tanti errori già prima del Black Friday”.
Infine, provando anche a dare un consiglio, fa capire che condividere idee e commenti può essere una buona strada per fare bene nel mondo del poker: “Non ho mai pensato al poker solo per fare profitto, bisogna sempre mantenere un certo amore per il gioco. Il mio vero salto di qualità non è arrivato al tavolo come tutti credono. Ma parlando, condividendo e analizzando mani con gli altri giocatori. Senza questo step non sarei mai diventato il Durrr che tutti conoscono. La condivisione ti fa capire anche che non devi aver paura di sbagliare. E ti fa crescere in maniera più rapida”.