Da quando il Texas Hold'em è diventato popolare al di la degli States, il mito di Stu Ungar non cessa di imperversare nelle discussioni su chi sia il miglior giocatore della storia.
Eppure di talenti ne sono nati e cresciuti diversi da quando Stuey faceva parlare di sé. Ungar sta al poker un po' come Maradona sta al calcio e il paragone non poteva essere più azzeccato.
Come el Pibe de Oro, Stuey è stato un'icona dei suoi tempi e lo è rimasto anche nella memoria di chi ricorda le sue gesta. A differenza dell'asso argentino la sua vita si è spezzata in un motel di Las Vegas, colpa degli eccessi che ne hanno caratterizzato l'esistenza, ma il talento, quello no, non si può cancellare.
L'aspetto più controverso della sua carriera riguarda proprio la gestione della sua persona prima e delle risorse poi. Doyle Brunson ne parla come di un figlio, perché a suo modo si è comportato da padre con lui, cercando di redimerlo ogniqualvolta prendeva una strada sbagliata.
E di errori Ungar ne ha commessi parecchi, magari non al tavolo da gioco, ma nella vita. Chi lo ha incontrato al tavolo sicuramente non ha un bel ricordo, perché Ungar ripuliva chiunque provasse a sfidarlo con delle carte in mano.
"Il miglior giocatore di Gin Rummy della storia" dicono di lui, ma il suo estro non si limitava soltanto a quello. Tre Main Event WSOP in bacheca, unico al mondo, un filotto di vittorie da far spavento di fronte a gente come Amarillo Slim e allo stesso Doyle, oltre a una memoria di ferro che gli consentiva di contare con esattazza tutte le carte di un sabot da sei mazzi al black jack, con margine di errore...Beh, nullo.
Una volta arrivò addirittura a scommettere 100 mila dollari sulle sue capacità di conteggio e indovinate un po', li vinse. Di lui si narra che, se solo avesse avuto la testa a posto, avrebbe fatto sfaceli nel mondo delle due carte e che in fondo, gli ottimi risultati ottenuti, siano soltanto una goccia nell'oceano rispetto al suo effettivo potenziale.
Certo è che il livello dei giocatori di allora non è minimamente paragonabile a quello di cui siamo testimoni ai giorni nostri, ma sicuramente Ungar era non un passo, ma almeno una decina più avanti di tutti i suoi colleghi.
Impossibile stabilire se sia effettivamente il numero uno in quanto non esiste un metro di paragone affidabile per stilare una simile classifica, ma quando una persona è in grado di lasciare un segno così tangibile nelle menti di chi lo ha conosciuto un motivo ci sarà pure...