Ci sono delle mani che hanno fatto sempre molto discutere la comunità di appassionati di poker, specialmente quelle giocate ai tempi del grande poker in televisione e dai più grandi campioni del circuito. Mani che forse non hanno consegnato premi particolari, ma che in qualche modo rappresentano un “filone” di discussione ancora aperto.
In questo caso, il motivo del contendere è l'eterno dilemma: “Slow play o non slow play?”. Visto l'esito della mano giocata niente meno che da Daniel “Jungleman” Cates e Patrik Antonius, la risposta sembra semplice.
La situazione e i protagonisti
Siamo a un “Sit'n Go” televisivo con delle vere e proprie leggende dell'epoca, tra cui Phil Laak, TonyG, Tom “Durrr” Dwan e appunto il bell'Antonius e Daniel Cates. La formula a eliminazione diretta del sit non è forse tecnicamente spettacolare come il cash game, ma certo rende più frizzante il fatto di dover eliminare il tavolo se si perdono tutte le chips.
Non ha certo bisogno di presentazioni Patrik Antonius, che già ai tempi aveva macinato tavoli live praticamente in ogni parte del mondo e in ogni specialità (lui che vanta comunque oltre 12 milioni di vincente in tornei dal vivo no limit, ma che è un abituè anche degli high stakes online di altre varianti, soprattutto Omaha). Proprio nell'online invece si è fatto le ossa Daniel Cates, salito alla ribalta per le sue imprese proprio con il nickname di “Jungleman” (nei tavoli cash in particolare).
Lo “slow play”
Di cosa parliamo quando sentiamo dire “Slow Play”? In genere si tratta di quando abbiamo in mano una “monster” o un punto molto forte, ma vogliamo provare a giocarlo per intrappolare il nostro avversario facendogli credere che non siamo poi così forti. I pregi sono che, proprio per un'errata valutazione del nostro oppo, possiamo magari prendere tante chips. I difetti sono viceversa, che stiamo dando l'opportunità di chiudere tanti progetti a poco costo, rischiando poi di perdere i massimi nel caso in cui si concretizzino.
Ecco perchè viene spesso citato il detto: “Slow Play, never Pay”. Lo slow play non paga mai. Non è proprio così in realtà, perchè ci sono occasioni in cui potrebbe essere la strategia vincente contro certi giocatori. Bisogna però avere una certa sensibilità per capire quando e come portarlo a segno, oltre all'individuare bene quando invece è il momento di riconsiderare la forza della nostra mano ed evitare di perdere i massimi. Impresa non sempre facile con questa condotta di gioco.
La mano tra Cates e Antonius
Di certo la strategia di Cates è ponderata e si è voluto prendere appunto i suoi rischi quando arrivati ormai a tre left del Sit'n Go, ha deciso di limitarsi al “call” con il suo A♥A♦ dopo l'apertura a 150.000 di Antonius dal Bottone con K♠8♣. Forse anche per evitare di vedere un fold a una possibile 3Bet.
Il flop non è molto favorevole per Antonius, che da un Q♠7♣6♥ non trova davvero nessun aiuto. Qua però proprio Patrik è intelligente nel checkare dietro dopo che Cates aveva continuato la sua linea “soft” dal piccolo buio lasciando la parola al rivale.
Il turn è già più interessante, con un 9♠ che apre un bel progetto bilaterale per Antonius, oltre a un eventuale quattro quinti di colore che però nessuno ha in mano. Per questo Cates decida stavolta di uscire puntando, cercando magari di farsi pagare da una coppia media o proprio da uno dei due progetti. Mette 90.000 sul piatto e Antonius trova buone odds per seguire.
Il river è un 5♣ che a ben pensare è la carta più terribile per Cates, perchè chiude sì un progetto, ma probabilmente è quello meno leggibile riducendosi alle combo di A8, 88 e appunto K8 o Q8 di Antonius. I due sono peraltro ormai committati a un piatto di 330.000 (con stack di poco inferiori a 400.000 per parte a quel punto). Cates segue la sua linea con un altro “check”, che però questa volta immaginiamo sia più per timore che per far puntare l'avversario. Antonius però con la sua scala non può che decidere la size da puntare, e la piazza proprio sulla tre quarti del piatto, a 230.000, con Cates che nonostante un campanello di allarme grande come una casa si sia ormai acceso sopra la sua testa, non può che mettere i soldi sul piatto.
La mano è persa quando Patrik gira la scala lasciando “Jungleman” di sasso. Probabilmente più per il rammarico di come l'ha giocata che non per la sorte che ha deciso di inchiodarlo a quel river.