Una bella intervista tra due autentici mostri sacri del poker live a stelle e strisce, e ovviamente su scala mondiale. Da una parte c’è Barry Greenstein, il cui atteggiamento ai tavoli e fuori è sempre stato visto come umanamente profondo e con un cuore grandissimo. Dall’altra parte troviamo Phil Ivey, uno dei giocatori più forti di tutti i tempi, grazie anche a una condotta ai tavoli criptica e davvero difficile da decifrare. I due si sono incontrati, una volta tanto lontano dai tavoli.
I riflettori erano tutti per Phil, che in un inedito heads up ha incontrato Barry. E anche per quest’ultimo è stata una prima volta, visto che Greenstein ha intervistato Ivey. Una bella chiacchierata, in cui sono stati toccati diversi temi molto importanti. Una vera e propria introspezione sul profilo e nell’animo di uno dei personaggi più iconici nella storia del poker. E proprio andando nel profondo, si è scoperto cosa più di tutto influenzi Ivey al tavolo.
Partendo da un approfondimento sulle condizioni mentali, che spesso sono necessarie per avere successo a lungo termine. Ivey ne parla così: “Per lungo tempo ho messo da parte la mia salute mentale. Tuttavia, nell’ultimo anno e mezzo ci ho lavorato molto, sono diventato molto più consapevole e vivo uno stile di vita molto più sano: medito, prego, faccio yoga e penso a come posso aiutare le altre persone. Sto lavorando molto su me stesso. È stato un lungo viaggio e non cambierei nulla. Non ho rimpianti, ho fatto tanti cambiamenti nell’ultimo anno e mezzo e oggi mi sento davvero bene”.
Un cambiamento radicale rispetto al Phil Ivey che si approcciò, ormai oltre venti anni fa, al poker live a grandi livelli. Il giocatore californiano ha fatto un lungo passo indietro, rivivendo i primi passi mossi ai tavoli. Non senza qualche sottolineature sugli errori commessi in gioventù: “Quando ero giovane non è che giocassi per i soldi, pensavo sì a guadagnare ma solo per comprare cose materiali: credevo mi avessero reso felice. Poi però arrivi a un certo punto e ti rendi conto che felice non lo sei affatto. Anche se avevo successo, non mi sentivo di averlo davvero”.
Il Phil Ivey di adesso, dunque, è decisamente più consapevole. E la sua carriera con le carte in mano prosegue in Asia, più precisamente a Macau, dove riesce ancora a trovare gli stimoli con avversari sempre nuovi: “A Macao gioco molto live, ma anche un po’ online. Non conosco molto il mandarino, per lo più parolacce. Quindi non posso bluffare o fare trash talking, posso solo dire parolacce. I giocatori asiatici sono molto più resistenti. Riescono a stare svegli e a giocare ad un buon livello per molte ore. Su 6 giocatori al tavolo, in media 5 possono stare svegli per 3 giorni senza dare segni di cedimento”.
Già, il poker online. In particolare il cheating che ha messo in crisi diversi giocatori. Tra questi c’è anche Ivey, che racconta un aneddoto a Barry Greenstein: “È molto più facile subire il cheating giocando a poker live rispetto all'online. A me è capitato spesso, addirittura una volta mi sono trovato coinvolto in una rapina a mano armata. Credo che l’online sia più sicuro, perché esistono le hand history dei giocatori e ci sono persone che le monitorano, oltre a tante altre misure di prevenzione”.