CAPIRE LO SLOWPLAY

Lo slowplay è molto popolare nel poker, ma di frequente i giocatori alle prime armi non ne comprendono la reale funzione e lo usano in modo casuale. Questo può costare molto valore al tavolo, quindi è meglio fare chiarezza su questa mossa una volta per tutte.

I motivi di uno slowplay

Fare slowplay significa limitarsi al call quando si ha una mano molto forte. Per imparare a farlo al momento giusto è importante capire i motivi che stanno dietro a questa decisione.

In realtà ne esiste solo uno:

si fa slowplay quando si pensa che sia più facile estrarre valore con un call che con un’azione aggressiva.

Quando è che accade ciò?

1) il proprio avversario è molto aggressivo

Se si ha a che fare con un giocatore molto aggressivo è probabile che una buona parte delle sue puntate siano bluff. Questo significa che spesso non potrà reggere un controrilancio e quindi si rischia di non estrarre valore affatto.

Limitarsi al call in questo caso ha un’aspettativa migliore, in quanto così si dà la possibilità al proprio avversario di continuare con i suoi bluff.

Contro questi giocatori è importante avere pazienza e aspettare il momento giusto per colpire. Un raise frettoloso rischia di avere un costo non indifferente sul lungo periodo.

Se disponibili, le statistiche del proprio avversario sono molto importanti. Non è raro incontrare giocatori normalmente aggressivi che arrivati al river si chiudono. Contro di essi è possibile uscire allo scoperto al turn o in donkbet sull’ultima strada.

2) si domina il board

A volte lo slowplay può essere la scelta migliore semplicemente perchè si domina il board. Capita ad esempio quando si ha top set su un board molto dry.

In questi casi è difficile che il proprio avversario abbia una mano abbastanza forte da seguire su più strade e il modo migliore per estrarre valore è sperare che faccia un bluff.

È bene tenere a mente che non si corre comunque il rischio di perdere valore dalle sue mani più forti: se ha un set o una top pair si tratta di un cooler e non sarà difficile creare comunque un grosso piatto.

Dominare il board non significa avere il nuts: se si ha KQ e il flop è 9TJ si può estrarre valore da diverse mani peggiori.

Quando lo slowplay è una cattiva idea

Come esistono situazioni ideali per uno slowplay, ne esistono altre in cui si rivela una pessima idea.

Se ad esempio il proprio avversario è passivo diventa inutile sperare che punti: il modo migliore per estrarre valore è puntare e controrilanciare. È inutile mostrare debolezza se il proprio avversario farà check comunque.

Anche sui board più ricchi di progetti è di solito preferibile spingere le proprie mani di valore. Non tanto per paura di venire scoppiati, ma perchè su queste texture è molto più semplice esser pagati da mani peggiori.

La posizione è un altro fattore importante. Quando si decide di fare slowplay è molto meglio trovarsi in posizione, dove si potrà avere un maggior controllo del piatto.
Il check/call fuori posizione lascia infatti sempre al proprio avversario la possibilità di fare check-back sulla strada successiva. In questi casi un check/raise si rivela spesso la scelta migliore.

Lo slowplay è un’arma molto potente se utilizzata con criterio. L’importante è scegliere bene i propri bersagli ed evitare così di perdere valore contro i giocatori più passivi. Non si tratta di una mossa per nascondere la propria mano ma piuttosto un metodo per punire i giocatori più aggressivi.

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