IL TEOREMA DELLO YETI

Nel poker esistono assunti che derivano dall'esperienza di giocatori che hanno alle spalle studio e pratica. Il teorema dello yeti rispecchia fedelmente il vissuto del suo autore, un noto poster americano del forum twoplustwo il cui nickname è appunto "yeti". Ed eccone allora un approfondimento...
Il teorema recita:"Una 3-bet su un flop con texture dry (che preferibilmente presenta una coppietta) è quasi sempre un bluff".
 
Un esempio per chiarire meglio il concetto:
Game type: cash game NL 50 6-max
**Preflop**
Player1 CO 100x 8 8 raise 3bb
Player2 BTN 100x call
**Postflop**
Flop: pot 7,5bb - 44 10 - Player1 check – Player2 bet 4bb– Player1 raise 11bb – Player2 raise 33bb – Player1?
 
Nell’esempio il player2 effettua una 3bet su un flop dry, ossia  su un board ‘pairato’ (coppia di 4) dove non sussistono possibili progetti. Con una azione aggressiva di questo genere, egli risulta estremamente polarizzato su nuts/air.
 
Si analizzi attentamente il flow della mano:
 
1. E’ abbastanza inverosimile che il player2 abbia una combinazione di carte con il 4; nel suo range ci possono essere combo di A4 o alcuni connectors come 34s o 45s, di rado gap connectors suited come 4 e 6. Di conseguenza, sono pochissime le probabilità che abbia floppato un tris o addirittura un full di dieci.
 
2. Qualora avesse floppato un tris o un full, rilancerebbe su un board così ‘arido’ di spunti interessanti? Difficile.
Infatti, l'aggressione del piatto si traduce meò rischio di far “scappare” l’avversario senza poter ricavare un profitto adeguato.
Il teorema dello yeti asserisce che in questa circostanza colui che compie un’azione così aggressiva sta attuando diverse volte un bluff.

Lo spunto logico del teorema non è in discussione, ma è necessario aggiungere alcuni elementi da considerare, soprattutto a valle di un processo evolutivo che ha accompagnato il poker fino ai tempi d’oggi.
 
Infatti:
  • è importante agire sempre in funzione del tipo di avversario che si affronta.
  • bisogna tenere a mente il flow della sessione e considerare il livello e le caratteristiche dei giocatori seduti al tavolo
Durante una partita si possono verificare situazioni diverse. Alcuni giocatori, ad esempio, possono applicare una strategia di slow play al fine di indurre in bluff un avversario o sfruttarne l’indole per ottenere maggiori profitti.

Se si riprende la mano di prima si possono porre alcuni interrogativi:
1. Il player2 sul bottone è loose passive con frequenze di three-bet molto basse nel preflop?
2. E ancora... lo stesso giocatore potrebbe aver deciso di fare solo call preflop pur avendo una monster hand come KK o AA?
 
Se nel primo caso si è difronte a giocatori con attitudini passive a tal punto che coppie migliori di quella del player1 non verrebbero contro-rilanciate preflop, nel secondo caso un giocatore potrebbe aver agito in “slow play”. Egli infatti, nell’intento di sfruttare le alte frequenze di “squeeze play” degli avversari seduti sui blinds, potrebbe aver deciso di chiamare invece di fare three-bet.

Infine, elemento non trascurabile, il teorema si riferisce a dinamiche pokeristiche datate. Nel gioco moderno non ci si dovrebbe sorprendere nel veder giocare in modo aggressivo un punto molto forte.
 
Nel Texas Hold’em i fattori distintivi per un giocatore sono la preparazione, l’intuizione e la conoscenza dei giocatori contro i quali si rivaleggia. Per quanto una teoria possa fornire spunti interessanti di approfondimento è l’esperienza a dare la capacità di comprensione di una azione avversaria e a rendere un player vincente.
 
“Le decisioni giuste vengono dall'esperienza, l'esperienza viene dalle decisioni sbagliate.”
Anonimo

Seguici