Alec Torelli e il suo ‘amore’ per Macao: “Quando cammino verso la poker room del Wynn mi sento come un bambino la mattina di Natale…”


Declino o meno, per Alec Torelli Macao, la ‘Sin City‘ orientale, rimane una delle tappe fisse della sua vita errabonda, come definisce lui ‘da homeless’, di professional poker player.

 

Il californiano, che da tempo è sposato con l’italianissima Ambra, è stato a Macao l’ultima volta lo scorso aprile, poco prima di tornare in Europa per prendere parte al Grand Final EPT di Montecarlo. Ha trascorso là dieci giorni, dove è arrivato molto rilassato grazie a una rilassante sosta in Thailandia, a base di massaggi, mare e un po’ di hand review.

Torelli, che frequenta da oltre tre anni e mezzo quel luogo, conosce bene Macao e ha vissuto in prima persona specialmente l’evoluzione avvenuta ai tavoli di poker del Wynn e degli altri casinò locali.

“Allora uno sconosciuto si sedette a un tavolo 1.000$/2.000$, tirò fuori i contanti, disse qualcosa in cinese e aveva in mano un foglio con il valore delle mani e le regole del texas hold’em. Adesso si trovano, invece, russi, tedeschi, britannici e scandinavi, i mediocri sono stati spazzati via dal tempo. Il gioco è cambiato da ‘fish e uno squalo’ a ‘squali che aspettano un fish’. Una cosa comunque è certa: non potrete dire di aver giocato veramente a poker fino a che non avrete giocato a Macao…”.

Alec, sulla cresta dell’onda da molto tempo, è comunque ancora profondamente innamorato del gioco, tanto che ogni volta che arriva al Wynn è travolto da intense emozioni. Un’adrenalina che gli permette di fare bene al tavolo, nonostante le partite non siano ‘morbide’ come quelle di un tempo.

Nel momento in cui cammino verso la poker room del Wynn, mi sento pronto come un bambino la mattina di Natale”.

Ormai conosciuta a livello planetario, in tanti volano fino a Macao per tentare la fortuna nelle ricchissime partite di cash game, alcune delle quali peraltro neanche ufficiali. Giocare a poker laggiù, però, è secondo Torelli un’esperienza che un player deve assolutamente fare.

Professionisti, dilettanti e persone piene di speranza arrivano da ogni parte del mondo per tentare lo ‘shot’ sul grande palcoscenico. Certamente siamo lontani dai riflettori, dall’attenzione dei media e da quella cultura pop del poker, ma è il luogo più duro, selvaggio, epico in cui poter giocare. Alcuni tornano a casa milionari, i più perdono i bankroll costruiti in lunghi anni…”.

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