Abbiamo fatto recentemente riferimento alle caratteristiche di alcune serie televisive abbinate a quelle dei giocatori di poker e al loro modo di interpretare il tavolo
e oggi entriamo nel dettaglio per capire come un solo passaggio di una puntata di “Better call Saul”, la fortunata saga del geniale e sfortunato avvocato Jimmy McGill che tanto sta facendo appassionare i suoi aficionados, possa avere una certa importanza sulle nostre decisioni che, tra le altre, potrebbero aiutarci a diventare un giocatore vincente.
Il concetto di cui si parla nella terza puntata della terza stagione, è quello che fa riferimento alla teoria de “la fallacia dei costi irrecuperabili”, un interessante enunciato che aiuta a capire quanto la mente umana possa essere dannosa quando si intestardisce a seguire la chimera di un guadagno impossibile che si rivelerà con ogni probabilità una continua perdita di denari.
I costi irrecuperabili, riprendiamo da Wikipedia, sono in economia e negli affari in generale, quei costi incorso che non possono essere recuperati in alcuna maniera significativa.
Sempre da Wikipedia: “Ad esempio, comprando il biglietto di un film che non può essere rimborsato, il costo del biglietto diventa un costo irrecuperabile. Anche se l'acquirente del biglietto decidesse di non voler più vedere il film non avrebbe modo di riottenere il suo denaro.”
La teoria di cui al titolo del nostro articolo, fa invece riferimento alla propensione della mente umana di pensare che, seppur abbiamo costatato la disastrosa condotta di un affare o, ad esempio di un investimento in borsa, o di qualunque attività sulla quale abbiamo speso dei soldi che non torneranno più indietro, non ammettiamo il nostro errore e continuiamo pedissequamente a insistere causando ulteriori danni al nostro portafoglio nella speranza che qualcosa migliori.
Non ci dilunghiamo tantissimo, ma se avete voglia di smanettare su Google, cercate “Concorde Fallacy” per farvi un’idea molto più analitica.
Nello splendido libro di Flavio Ferrari Zumbini, “Il nuovo poker”, l’autore dedica un piccolo box alla teoria applicandola in modo molto arguto al poker.
Il concetto è legato ad una particolare situazione di una mano “X” all’interno della quale, ad esempio per un errore fatto nelle strade precedenti, arriviamo al turn e siamo committati, abbiamo cioè investito una ingente somma nel piatto che, seppur con poche probabilità di vittoria, qualora uscissimo dalla mano in quel momento sarebbe matematicamente sbagliato.
Nell’esempio portato da Zumbini, invece, si parla della sensazione fallace di essere pot-committed quando al contrario non lo siamo affatto e quindi sarebbe corretto abbandonare il colpo in quanto continuare a chiamare avrebbe un expected value negativo ( EV- ).
L’errore sta nel valutare a compartimenti stagni solo ed esclusivamente ciò che abbiamo investito nel piatto e, visto che ai nostri occhi “è semplicemente tanto”, ci piace l’idea di non abbandonare la mano, mettendo così a repentaglio un’altra parte di stack che invece avremmo dovuto salvaguardare.
Il consiglio è quello di valutare con estrema cautela quello che stiamo facendo e trarre la conclusione che ci porterà a capire se veramente sia giusto o meno trovare i nostri (o ancor peggio) il nostro out al river.